San Giuseppe, Guardiano del Redentore

2021-10-27 12:20:59
SAN GIUSEPPE, GUARDIANO DEL REDENTORE Speciale tenuto a Nazareth nel maggio 2021 - Anno di San Giuseppe “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo." (Mt 1,20) "Tutto è cambiato in quel momento. Ho accettato la mia missione: ho sposato Maria". Così come Dio fece con Maria manifestandole il piano di salvezza per l'umanità, rivelò anche a Giuseppe i suoi disegni attraverso i sogni, che nella Bibbia, come in tutti i popoli antichi, erano considerati uno dei mezzi con cui Dio manifesta la sua volontà. “La sua risposta fu immediata: «Quando si destò dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’angelo». Con l’obbedienza egli superò il suo dramma e salvò Maria.” Parole di Papa Francesco nella sua lettera apostolica Patris Corde. Il sì alla chiamata di Dio a diventare padre putativo di Gesù, San Giuseppe lo manifestò concretamente qui nella città di Nazareth, in Galilea, molto vicino al luogo dove anche la Vergine Maria ricevette l'annuncio dell'Angelo, sul quale oggi sorge la Basilica dell'Annunciazione. Nelle vicinanze della Basilica si trovano infatti la casa della Sacra Famiglia e il luogo dove San Giuseppe lavorava. Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth “Benvenuti a Nazareth, benvenuti nella casa di San Giuseppe, in questa chiesa dedicata a San Giuseppe. Sono due gli evangelisti che parlano dell'infanzia di Gesù e dell'annuncio dell'Angelo. Luca preferisce l'annuncio a Maria: la Basilica dell'Annunciazione, tutta la chiesa con la sua arte frutto anche dello studio della mariologia, della Sacra Scrittura e della teologia, parla di questo annunzio a Maria raccontato da San Luca. Invece Matteo preferisce l’annuncio a San Giuseppe. Possiamo parlare del sì di San Giuseppe come di una partecipazione attiva al mistero della Redenzione. Per questo Giuseppe viene proprio chiamato “il Custode del Redentore”. San Giuseppe nella storia della salvezza entra proprio con la sua partecipazione attiva, con il suo “si”. È molto importante recuperare questo “si” di San Giuseppe in questi nostri tempi. San Matteo ci aiuta perché parla proprio di questo “uomo giusto”, San Giuseppe, che ha partecipato con la sua umanità, ha detto il suo “si”. Dobbiamo capire com'era il tempo di Gesù. Il periodo del matrimonio si divideva in due fasi: erusin e nissuin. La prima parte era un contratto: loro vivevano già con un impegno, però non vivevano assieme. E l'annunzio a Maria e a Giuseppe avviene proprio in questo periodo di erusin, periodo di contratto. Ancora non vivevano insieme però avevano già degli impegni uno con l’altro; per questo era sconvolgente questo annunzio. E Giuseppe pensava... per la Torah, la Sacra Scrittura, lui poteva ripudiarla in segreto, senza dire la ragione, perché in caso di adulterio la pena sarebbe dovuta essere la lapidazione della donna. Quindi non voleva fare del male alla Madonna. Aveva deciso di ripudiarla in segreto, cosa che era prevista dal Libro dei Proverbi e anche del Levitico, ma dopo l'annunzio dell'Angelo accoglie questa paternità, con tutte le sue conseguenze. Questo “si” di Giuseppe ha avuto delle conseguenze nella sua vita, nella vita di Maria, nella vita della Santa Famiglia ma anche per noi, perché sono state aperte le porte della salvezza.” "Quando l'ho preso tra le braccia non riuscivo a contenere la mia emozione. Mi sono venute le lacrime. Mi è stato dato dal cielo perché io lo custodisca e lo protegga. Ah, ragazzo mio! Sono stato benedetto dall'unico Dio. Non avrei mai immaginato che nella mia semplice vita la Provvidenza si sarebbe comportata in questo modo. Cosa potrei offrire al Figlio di Dio? Il mio mestiere, la mia fede, il mio amore? Sì! Amore mio! Accettando il piano divino, San Giuseppe ne diventa collaboratore insieme a Maria e testimone oculare dell'Incarnazione del Verbo. Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth “San Giuseppe è cooperatore del mistero dell'Incarnazione, del mistero della Redenzione. San Paolo dice che siamo tutti cooperatori di Dio, e Giuseppe è il primo cooperatore insieme alla Vergine Maria. Per questo non è giusto, non sarebbe bene chiamarlo padre “adottivo”: chiamiamolo invece padre “putativo”, parliamo di “paternità giuridica” di San Giuseppe. Perché? È la paternità di Dio affidata a Giuseppe, è Dio che affida questa paternità. Papa Francesco nella Patris Corde dice che Gesù ha sperimentato la tenerezza di Dio in San Giuseppe, questa paternità di Dio per Gesù e poi per tutta la Chiesa: perché Giuseppe è il Patrono della Chiesa universale, è il Custode della Chiesa di suo figlio, per questa sua cooperazione attiva nel mistero. Questo è il mistero dell'Incarnazione: lo chiamiamo mistero perché è frutto di un “sì” umano di Maria e della cooperazione umana di Giuseppe. Lui ha assunto questa paternità con tante sfide: il viaggio a Betlemme, la fuga in Egitto, il ritorno a Nazareth, il lavoro per sfamare e sostenere questa famiglia. E’ una cooperazione perché questo bambino, questo adolescente che cresce, questo giovane, parte per la missione che lo porterà a morire in croce e a risorgere per tutti noi, e San Giuseppe ha cooperato alla crescita umana di questo figlio, ha cooperato alla crescita del linguaggio umano di questo figlio e anche nella conoscenza della Scrittura, perché ha insegnato a Gesù, a Yeshua, la Torah. È il papà che portava il bambino alla sinagoga, è lui che lo ha introdotto alla conoscenza della Parola. San Giuseppe ha cooperato con tutta la sua umanità, con tutta la sua vita, con tutto il suo desiderio di salvezza, perché anche lui con tutta Israele attendeva il Messia.” "A volte mi chiedo: come ho potuto dubitare? Ma come uomo dovevo essere sicuro che Dio voleva manifestarsi al mondo attraverso la mia discendenza. Io sono della stirpe di Davide. Abbiamo aspettato così a lungo l'adempimento della promessa che un Salvatore sarebbe venuto a noi. Ma la fede ha i suoi limiti, ed è solo attraverso l'intervento divino che noi uomini siamo in grado di andare avanti assumendo la promessa di Dio e camminando tenuti per mano da Dio." Discendente del re Davide, casto, silenzioso e laborioso, Giuseppe ha vissuto la sua paternità in una vita nascosta a Nazareth. Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth "Siamo nella Chiesa di San Giuseppe, dove sorgeva la casa di San Giuseppe. Ci basiamo su tradizioni antiche: abbiamo un battistero giudeo-cristiano, resti di una chiesa bizantina e di una chiesa crociata. Qella attuale è del 1911. Nelle fonti antiche si legge che il vescovo pellegrino Arculfo nel 680 visitò la chiesa allora chiamata “della Nutrizione”. E’ molto probabile che si trovasse proprio qui. Per questo noi francescani custodiamo questo luogo. Il santuario veniva chiamato “Santuario della Nutrizione” perché da qui San Giuseppe usciva verso la città ellenistica di Sefforis per lavorare e portava certamente il figlio adolescente Gesù a fare l'esperienza del lavoratore. Per questo San Paolo VI chiamò questa chiesa il “Santuario del lavoro”." "San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia": ha dichiarato il Pontefice. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro. Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth “San Giuseppe, Lavoratore”. Come dicevo San Paolo VI chiama questo luogo “Il Santuario del Lavoro”. E’ davvero emozionante immaginare che da qui San Giuseppe partiva per la città ellenistica di Seforis per lavorare e portava con sé Gesù. Troviamo delle tracce umane, diciamo così, dei riflessi dell'educazione umana che San Giuseppe ha trasmesso a Gesù di Nazareth suo figlio. Nella città ellenistica di Sefforis convivevano infatti ebrei e romani: possiamo così già parlare di San Giuseppe che ci apre a una fratellanza, perché essi andavano a lavorare da tutte le persone, andavano nelle case anche di quelli che non erano ebrei, non erano della stirpe ebraica. Essendo un artigiano, poi, San Giuseppe andava a lavorare nelle case delle persone e quindi trovava il tempo per parlare con loro e per ascoltarle. Parlavano a Giuseppe delle loro possibilità economiche e anche delle loro difficoltà. Nella sua creatività da artigiano, realizzava i lavori richiesti. In Gesù troviamo queste tracce umane nelle parabole, quando Gesù parla con praticità, con chiarezza, con quella creatività tipica di un artigiano. Per questo è bello recuperare questa immagine del lavoratore. Ricordiamo che, come gli altri artigiani, lavoravano nella città di Sefforis a giornata, e nelle parabole di Gesù vediamo il riflesso di questa esperienza. In questi tempi difficili San Giuseppe Lavoratore ci insegna che l'economia deve essere al servizio dell'uomo." San Luca è particolarmente attento a sottolineare che i genitori di Gesù osservarono tutte le prescrizioni della Legge: i riti della circoncisione di Gesù, la purificazione di Maria dopo il parto, l'offerta del primogenito a Dio. Come capo famiglia, Giuseppe insegnò a Gesù ad essere sottomesso ai suoi genitori, sottomesso al comandamento di Dio. Durante tutta la sua vita nascosta a Nazareth, alla scuola di Giuseppe, ha imparato a fare la volontà di suo padre. «Tale volontà divenne suo cibo quotidiano», ha ribadito il Papa. Francesco continua: «Giuseppe vide crescere Gesù giorno dopo giorno “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52). Come il Signore fece con Israele, così egli “gli ha insegnato a camminare, tenendolo per mano"». (cfr. Patris Corde, 2) Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth “Gli psicologi e gli antropologi dicono chiaramente che troviamo nei figli tracce, riflessi, caratteristiche dei genitori. Gesù, come Giuseppe, parla poco e agisce, parte per l'Egitto, rientra dall'Egitto, lavora con decisione e determinazione, anche Gesù era determinato: parla chiaramente e con decisione va verso Gerusalemme. “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” dice il Vangelo di Matteo: troviamo questa decisione in Gesù di Nazaret. Proprio di chi ha avuto un padre deciso, un padre che sapeva cosa doveva fare. Troviamo anche una sensibilità con le donne. Nel Vangelo di Matteo leggiamo che Giuseppe voleva ripudiare Maria in segreto: in altre parole, si sarebbe preso lui la colpa. Una macchia, diciamo così, sulla sua mascolinità: perché ripudiare in segreto significava che la gente non avrebbe saputo cosa fosse successo. Potevano dire: “Vedi, Giuseppe ha ingannato la ragazza!”, oppure “lui veniva da un'altra città, non era di Nazareth: vedete, non possiamo fidarci degli stranieri”. Quindi lui attira su di sè la colpa. Troviamo in Gesù una sensibilità verso le donne, verso i più fragili, verso i bambini. Troviamo queste tracce umane in Gesù di Nazaret. Da chi ha imparato questa tenerezza? Da Giuseppe! Troviamo questo Dio incarnato attento agli altri, e sappiamo che ha imparato da Giuseppe ad essere attento ad accogliere le persone, soprattutto quelle più fragili.” Padre putativo di Gesù e sposo della Vergine Maria: San Giuseppe era anche fedele alla vocazione del matrimonio. "Mia dolce Maria, non immaginavo che questo sì sarebbe stato così pieno, così giovane ancora. Ma hai affrontato con coraggio la sfida che il cielo ti ha posto. Non vedevo l'ora che arrivasse il nostro matrimonio. Ma tu sei venuta a dirmi che dovevi andare a trovare tua cugina Elisabetta. Onestamente in quel momento non capivo cosa stesse succedendo, ma avevamo tempo. Dopo tutto, come responsabile di questa Sacra Famiglia, avevo bisogno di finire di costruire la nostra casa. Volevo offrirvi ciò che era degno e poter costruire con le mie mani la nostra casa. Era il mio regalo alla mia Maria. Così la lasciai andare e rimasi nella piccola Nazareth, aspettandola con ansia." Fr. BRUNO VARRIANO, ofm Guardiano della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth “Papa Francesco ha dedicato quest'anno a San Giuseppe con la lettera apostolica “Patris Corde”. Dobbiamo imparare a imitare San Giuseppe, imparare da lui quella docilità alla Parola di Dio ma soprattutto l'intimità con Gesù. In questi tempi difficili impariamo con San Giuseppe a rispondere alle difficoltà. Giuseppe alla fuga in Egitto, alle difficoltà economiche dell'epoca (siamo durante l'occupazione Romana) risponde con speranza, perché aveva la Speranza nelle sue mani, vicino a lui: e questa Speranza era Gesù di Nazareth. Abbiamo Gesù, abbiamo la Vergine Maria, abbiamo l'intercessione di San Giuseppe: in quest'anno dedicato a lui, mentre ancora ci troviamo in mezzo alla pandemia, alle difficoltà che stiamo vivendo un tutto il mondo, impariamo con Giuseppe a rispondere con speranza. E vogliamo che proprio da qui, dalla sua casa, dal suo santuario, si senta questa voce. Parliamo sempre del silenzio di San Giuseppe: in quest'anno invece vogliamo far parlare San Giuseppe. Che parli nel suo stile silenzioso, nel suo stile laborioso, fatto di opere... più opere che parole. Vogliamo imparare da lui a vivere la Parola, che qui si è fatta carne, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità religiose, nell'unità familiare, cercando di vivere questa intimità con Gesù con l’intercessione di Maria e di San Giuseppe.” In questa scuola di Nazareth abbiamo visto quanto Gesù ha imparato da San Giuseppe e quanto anche noi possiamo imparare dal Patrono della Chiesa. In questo anno dedicato a lui da Papa Francesco preghiamo perché ci doni la sua intercessione, i suoi insegnamenti e la sua protezione. Salve, custode del Redentore, e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen. (Preghiera Patris Corde)
Ad ogni passo, ad ogni battito: San Nicola il Pellegrino
Ad ogni passo, ad ogni battito: San Nicola il Pellegrino

San Nicola il Pellegrino è un ragazzo greco nato nel 1075, che quando aveva otto anni ha incontrato Gesù e vedendolo ha ricevuto da lui la preghiera del cuore. È Stato venerato santo dai cattolici ed è rimasto tale per circa nove secoli. Nel 2023, gli ortodossi greci d'Italia, lo hanno inserito nel proprio calendario liturgico. Un santo davvero ecumenico, che ha tanto da dire ai pellegrini che oggi vengono a Gerusalemme. La sua vita è scritta nel libro di Mons. Natale Albino, diplomatico della Santa Sede.